Scommetto che sei convinto di provare durante l’arco di ogni giornata centinaia di emozioni diverse, ciascuna influenzata dalle innumerevoli situazioni in cui sei coinvolto. Ebbene, sappi che secondo i più recenti studi scientifici la realtà è molto più semplice di come la immagini, le emozioni base che siamo in grado di provare si riducono in tutto a 4: felicità, tristezza, paura/sorpresa, rabbia/disgusto.
Allo stesso modo di come 7 note possono fondersi per generare infinite combinazioni musicali, anche le emozioni si fondono nel tuo cervello creando illimitati stati emotivi. Ecco perché la percezione che hai è in realtà quella di uno spettro apparentemente ampissimo, anche se non è così.
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Dall'analisi del tuo mercato, attraverso neuromarketing e psicologia della persuasione, sviluppiamo e promuoviamo esperienze digitali ad alto tasso di conversioneLa famosa “ruota delle emozioni” di Robert Plutchik riassume in uno schema di facile comprensione i più noti livelli emotivi umani, i loro rapporti e i loro diversi stati.
In questo articolo ti spiegherò la natura delle 4 emozioni, come si formano nel cervello, come possono stimolarci ad azioni inaspettate e come puoi utilizzare questi meccanismi per migliorare il tuo marketing online.
1 Felicità: il motore della condivisione. Usala per le tue strategie Social
Il famoso psicoanalista Donald Winnicott scoprì che la prima azione di carattere emotivo compiuta da noi esseri umani è quella di rispondere al sorriso di nostra madre con un altro sorriso. Devi sapere infatti che gioia e felicità sono emozioni ancestrali caratteristiche del nostro essere, non si imparano, ci sono e basta.
Nello specifico la corteccia prefrontale sinistra del cervello è il luogo dove prendono vita tratti di felicità quali l’ottimismo e la resilienza (la capacità di reagire positivamente ad un cambiamento). In un recente studio del Laboratorio di Neuroscienze Affettive (Università del Wisconsin) un gruppo di monaci buddisti tenuto sotto osservazione ha mostrato come il loro lobo prefrontale sinistro si attivasse proprio mentre si trovavano in uno stato di beatitudine da meditazione.
La gioia però, oltre a farci vivere uno stato di benessere e serenità, è nella maggioranza dei casi un grande stimolo ad agire. La scoperta del “sorriso sociale” del neonato di Donald Winnicott, di cui ti ho parlato prima, è la prova inconfutabile che la felicità aumenta quando è condivisa.
Non c’è da stupirsi, quindi, come proprio la felicità sia il motore principale della condivisione di contenuti sui social media. I vari stati emotivi della felicità costituiscono la maggioranza in questa lista delle “emozioni più importanti che generano la viralità sui social” nella presentazione di Fractl al Mozcon 2013.
Ecco come appare il risultato dello studio di Fractl sui principali stimoli emotivi se sovrapposto alla ruota delle emozioni di Robert Plutchik:
Jonah Berger, professore di marketing presso l’Università di Wharton School in Pennsylvania e autore di “Contagious: Why Things Catch On“, ha analizzato quasi 7.000 articoli del New York Times per determinare quale fosse l’elemento distintivo di quelli più condivisi tra i lettori. Sai cosa ha scoperto? Che più sono “allegri” i contenuti di un articolo, più aumentano le probabilità che questi diventi virale.
In questo interessante documento gratuito , Abigail Posner di Google descrive lo stimolo alla condivisione attivato nel nostro cervello dalla percezione di felicità come uno “scambio di energia:”
“Quando ci imbattiamo in un’immagine in grado di emozionarci positivamente abbiamo la tendenza a condividerla con gli altri per trasmettere loro un po’ della nostra energia ed eccitazione. Ogni dono porta con se lo spirito del donante. Inoltre, ogni immagine di questo tipo ricorda a noi e agli altri che siamo vivi, felici e pieni di energia (anche se non possiamo sentirci sempre così). E quando noi mettiamo “mi piace” o commentiamo una foto o un video condivisi con noi, stiamo restituendo il dono al mittente. E’ un modo di sdebitarci. Ma, nel profondo, questo ‘dono’ di condivisione contribuisce ad uno scambio di energia che amplifica il nostro piacere -. Ed è qualcosa che è automatico dentro di noi ”
2 Tristezza: ci fa socializzare e provare empatia
Scommetto che hai sempre pensato che dispiacere e felicità fossero due sentimenti contrapposti… e se ti dicessi invece che le emozioni di tristezza e di dolore attivano molte aree del cervello in comune con quelle della gioia?
Ma non è tutto, il cervello in uno stato di “tristezza emotiva” produce anche particolari reazioni neurochimiche. Uno studio condotto dall’economista Paul Zak ha approfondito in particolare 2 di queste,
ai partecipanti al suo esperimento infatti fu chiesto di guardare un breve video sulla triste storia di un ragazzo malato di cancro:
Immedesimandosi nella storia, i partecipanti hanno prodotto cortisolo (noto come “ormone dello stress”) e ossitocina (un ormone che favorisce le relazioni e l’empatia). Sai cos’ ha scoperto Paul Zak? Che più erano alti i livelli di cortisolo/ossitocina degli individui (innescati dalla visione del filmato), più questi erano disposti a fare donazioni umanitarie, fare beneficenza o semplicemente a regalare denaro al prossimo!
La teoria di Paul Zak è che la caratteristica dell’ossitocina di predisporci a comprensione ed empatia può anche renderci più generosi e fiduciosi verso gli altri.
“I nostri risultati mostrano perché cuccioli e bambini sono utilizzati negli spot pubblicitari della carta igienica“, ha detto Zak. “E’ la dimostrazione che gli esperti di marketing utilizzano immagini che causano il rilascio di ossitocina nel nostro cervello per generare fiducia indotta nel prodotto o nel marchio, e quindi aumentare le vendite.”
3 Paura/sorpresa: stimola una disperata ricerca di qualcosa a cui aggrapparci
Sebbene gli individui inclini ad ansia, paura e depressione esibiscano un rapporto di attività più alto nella corteccia prefrontale destra, l’emozione della paura è per lo più concentrata in una piccola area del cervello a forma di mandorla chiamata amigdala.
L’amigdala ha il compito di determinare il significato di una situazione di spavento e decidere istantaneamente il riflesso adeguato (lotta o fuga). Ma la paura può anche causare un’altra reazione molto interessante, in particolare per chi si occupa di marketing.
Uno studio pubblicato dal Journal of Consumer Research ha dimostrato infatti che i consumatori che hanno provato paura durante la visione di un film horror, hanno avvertito un maggiore attaccamento verso i brand presenti nella pellicola rispetto a chi ha guardato film in grado di evocare altre emozioni (come la felicità, la tristezza o l’eccitazione).
Quando hai paura senti il bisogno di condividere l’esperienza con gli altri, ma se nessuno è disponibile, anche un oggetto inanimato può prenderne il posto… La paura può stimolare le persone ad aumentare il legame verso i brand che sono vicino a loro in quell’esatto momento emotivo!
“Siamo programmati per affrontare gli stati di paura cercando altre persone e legandoci a loro per affrontarli insieme. Quando guardiamo un film horror cerchiamo e aumentiamo inconsciamente la connessione con chi ci sta vicino sussultando e commentando le scene più spaventose al fine di esorcizzarle“, sostiene la ricercatrice di marketing Lea Dunn. “Ma, in mancanza di amici, il nostro studio mostra come i consumatori sviluppino un aumento dell’attaccamento emotivo verso brand che sono a portata di mano in quel momento.”
4 Rabbia/disgusto: ci rende testardi come muli
L’ipotalamo è l’area del cervello responsabile della rabbia, insieme ad un sacco di altri stimoli base, come la fame, la sete, la risposta al dolore e la soddisfazione sessuale.
Sicuramente saprai per esperienza personale che la rabbia può portare a stati più estremi come ad esempio l’aggressività, ma quello che probabilmente ignori e che può anche generare una curiosa forma di “caparbia ostinazione”, come ha scoperto l’università del Wisconsin in un recente studio.
Nell’esperimento i partecipanti sono stati invitati a leggere un articolo di un blog contenente una discussione imparziale su rischi e benefici della nanotecnologia. Il contenuto dell’articolo era lo stesso per tutti, ciò che era diverso invece era il tono dei commenti in calce all’articolo: un gruppo fu sottoposto alla lettura di commenti a carattere del tutto civile ed educato, mentre l’altro gruppo finì per leggere solo commenti maleducati, collerici e pieni di insulti.
Sai qual è stato il risultato? I commenti maleducati hanno provocato un rafforzamento dei preconcetti già presenti nel secondo gruppo di lettori: chi pensava già che i rischi causati dalle nanotecnologie fossero bassi si è sentito ancora più sicuro riguardo questa opinione, chi riteneva invece che i rischi fossero alti si è ritrovato ancora più preoccupato di prima.
Ancora più interessante è quello che è successo a coloro che non avevano preconcetti sul tema nanotecnologia. Dopo aver letto i commenti pieni di rabbia non se la sentivano ancora di prendere una posizione, ma si rendevano conto però di aver sempre sottovalutato i pericoli che la nanotecnologia portava con se.
Un semplice insieme di commenti offensivi, senza motivazioni logiche a supporto, è stato sufficiente a modificare la percezione in negativo di un argomento così complesso.
La negatività ha un effetto reale e duraturo – ed è evidente anche dalle modalità in cui un contenuto viene condiviso. Nello studio sui contenuti virali del New York Times (di cui ti ho parlato prima), si è riscontrato che, oltre alla gioia e al piacere, anche alcune emozioni negative sono motore di viralità – nello specifico si tratta delle varie sfumature della rabbia.
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Dall'analisi del tuo mercato, attraverso neuromarketing e psicologia della persuasione, sviluppiamo e promuoviamo esperienze digitali ad alto tasso di conversioneConclusioni: perché conoscere le emozioni umane e i loro stimoli all’azione è così importante per te che ti occupi di marketing online?
Inizio con il dirti che in questo periodo di altissima competizione a livello di advertising online e comunicazione efficace, conoscere i meccanismi emotivi non deve più essere un’opzione per te, ma un know-how fondamentale.
In un’analisi della IPA dataBank (che contiene 1.400 case history di advertising pubblicitario di successo) infatti, le campagne con contenuto puramente emozionale hanno ottenuto il doppio delle conversioni (31% contro 16%) rispetto a quelle di solo contenuto razionale (e hanno fatto meglio anche di quelle a contenuto misto emotivo/razionale! ).
Questo ha senso proprio in base a ciò che gli scienziati conoscono oggi sul cervello umano: le persone prima provano emozioni e solo in un secondo tempo pensano razionalmente. Il cervello emotivo elabora le informazioni sensoriali in 1/5 del tempo rispetto a quello che impiega il nostro cervello cognitivo.
Potrà mai cambiare questa caratteristica di elaborazione?
Dal momento che le emozioni sono ancorate ad importanti processi evolutivi (che hanno tutelato lo sviluppo della razza umana per secoli), come la percezione di rabbia o di paura, il grado di attenzione riservato ad esse dal nostro cervello sarà sempre altissimo e preponderante, con implicazioni comportamentali a volte davvero sorprendenti.
Come questa ad esempio: Generac, produttore di generatori di continuità, chiese ad alcuni clienti di descrivere in maniera fantasiosa il rapporto con i loro generatori.
Un articolo sulla rivista Harvard Business riporta:
“Gli uomini hanno descritto i gruppi Generac come supereroi protettori della loro famiglia, le donne hanno paragonato la paura di non averne uno in casa al terrore di affondare con il Titanic. Queste informazioni hanno permesso a Generac di modificare la propria strategia di marketing basando la comunicazione su testimonianze di consumatori reali e le situazioni spiacevoli risolte dai gruppi Generac. Da allora il business di Generac è aumentano del doppio!“.
Emozione: la sensazione di superare una paura primordiale è stato il valore aggiunto che ha motivato i loro clienti.
Ecco perché Abigail Posner di Google sostiene che non possiamo sottovalutare l’importanza di comprendere la scienza delle emozioni nel marketing:
“Comprendere il richiamo emotivo e i fattori chiave dietro la scoperta, la visualizzazione, la condivisione e la creazione di video online, fotografie e contenuti visivi. Quando condividiamo un video o un’immagine, infatti, non stiamo soltanto condividendo l’oggetto, ma stiamo condividendo soprattutto la risposta emotiva che crea.”
E tu cosa ne pensi? Queste informazioni ti hanno aperto gli occhi a nuove possibilità? Hai già un’idea su come sfruttare lo stimolo emotivo sul tuo nuovo progetto web?
Conoscere il vero funzionamento dei processi decisionali umani può fare realmente la differenza in termini di risultati per chi gestisce un business online.
Se ti è piaciuto questo articolo, intanto che lo condividi con i tuoi amici, perché non dai un’occhiata a video + materiale dell’evento sulla scienza della persuasione che abbiamo registrato a Firenze il 27 Marzo 2015? Sono stato io il relatore e ho condiviso con i presenti tutte le ultime scoperte in campo di neuromarketing e scienze cognitive.
NDA: Alcune informazioni presenti in questo articolo sono liberamente ispirate dai trattati di Courtney Seiter