Non siamo avari, non siamo tirchi, no, a fregarci è piuttosto la paura di perdere, di vederci scivolare una cosa tra le dita. Anche solo l’idea di dover rinunciare a qualcosa che ci sta particolarmente a cuore – quel determinato oggetto che sta sulla nostra scrivania, quello specifico prodotto che dobbiamo ancora acquistare ma che sentiamo come già nostro, quelle due banconote nel nostro portafoglio – ci fa star male.

Eppure tutte quante le transazioni in fondo in fondo prevedono una componente di ‘perdita’ più o meno significativa. Prendiamo per esempio il tuo e-commerce: per quanto possano essere scontati e convenienti i prodotti, nessuno di essi verrà mai regalato gratuitamente ai tuoi clienti, i quali, per entrarne in possesso, dovranno vivere una sensazione di perdita, piccola e grande che sia.

Il punto, dunque, non è tanto quello di capire come eliminare totalmente questa sensazione – il che è praticamente impossibile – quanto invece comprendere come ridurla il più possibile nella mente dei tuoi potenziali clienti.

Insomma, cosa devi andare a modificare sul tuo e-commerce per fare in modo che i tuoi utenti non siano spaventati dal momento del pagamento – a prescindere dalla cifra in sé?

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E come puoi sfruttare il timore di perdere qualcosa a tuo vantaggio?

Per aiutarti a capirlo, oggi studieremo insieme le migliori tecniche di vendita per e-commerce basate sul fenomeno psicologico dell’avversione alla perdita, così come illustrato da Tversky e Kahneman nel 1979, ai tempi della Prospect Theory.

Sei pronto per un nuovo tuffo nel mondo della psicologia applicata al web e del neuromarketing?

Se fai attenzione alle mie parole capirai come sfruttare a tuo favore l’avversione alle perdita, così da far arrivare i tuoi clienti al momento del pagamento con un bel sorriso stampato sulle labbra – il quale tra l’altro sarà uno dei fattori principali che lì farà tornare ancora e ancora sul tuo portale di vendita!

Non pensare che l’avversione alla perdita dipenda solo ed unicamente dal prezzo delle transazione. A fare la differenza può essere anche il contesto in cui il potenziale cliente si ritrova ad effettuare la propria scelta.

Sta ovviamente a te fare in modo che gli utenti del tuo negozio online minimizzino o re-indirizzino altrove la propria avversione alla perdita, esaltando al massimo quelli che saranno i benefici – e soprattutto le non-perdite – dei tuoi clienti!

Ma cos’è l’avversione alla perdita?

Se hai già letto alcuni dei miei post dedicati ai principali bias cognitivi del neuromarketing, molto probabilmente ti sei già fatto un’idea astratta di cos’è l’avversione alla perdita. In ogni modo, il concetto è molto semplice.

Così come spiegato da Tversky e Kahneman, la motivazione che spinge gli umani ad evitare una perdita è maggiore a quella che li incita a seguire un guadagno: molto difficilmente, dunque, un individuo accetterà di comprare un biglietto della lotteria da 10 euro con il 50% di possibilità di vincere 20 euro.

Preferirà infatti tenersi stretti i propri dieci euro di partenza, rinunciando agli altri possibili 10 per via della propria avversione alla perdita. Alla base di tutto questo c’è, molto probabilmente, il nostro istinto di sopravvivenza, ma non solo.

Le scorciatoie della nostra mente

Quando pensiamo ai bias cognitivi abbiamo a che fare con delle particolari scorciatoie della nostra mente che ci aiutano a prendere delle decisioni in modo più veloce e meno dispendioso in termini di energia.

Questo vale ovviamente per qualsiasi cosa, sia per le decisioni più importanti – dall’acquisto di un computer nuovo a quello di un’automobile, fino alla scelta della carriera lavorativa e all’acquisto di una casa, magari con un mutuo che ci accompagnerà per decenni – che per quelle più semplici e quotidiane – il colore della T-shirt da indossare, dove parcheggiare l’automobile, quale film guardare, cosa mangiare…

Pensaci un po’: se dovessimo davvero ripartire da zero ogni volta che dobbiamo scegliere come pettinarci, in quale bar fermarci per il caffè e quale shampoo acquistare, la nostra vita sarebbe completamente assorbita dai processi decisionali, e non avremmo più tempo né energia per fare qualcos’altro.

Insomma, il solo entrare in un supermercato sarebbe un’esperienza infinita e altamente traumatica!

Quanto è razionale la nostra avversione alla perdita?

Per evitare il crearsi di continue e struggenti situazioni di stallo, come anticipato, la nostra mente si è dotata di un meccanismo decisionale basato su esperienze, attitudini e bias cognitivi. La scelta diventa così più facile, più veloce, più leggera… ma non per questo più razionale!

Se mesi e mesi fa abbiamo deciso che il colore blu non ci dona affatto, ogni nostra scelta di abbigliamento partirà anche da questo presupposto, rendendo la nostra decisione più agevole. Allo stesso modo, dall’alba dei tempi, nella nostra mente è stampato, in modo indelebile, il fatto che le perdite e i costi sono un male, e che quindi dobbiamo evitarli.

Come hai di certo capito, dunque, l’avversione alla perdita è un bias cognitivo che regola le nostre decisioni e che le rende più agevoli. Ma non è razionale, e proprio per questo possiamo sfruttarlo a nostro favore per aiutare i nostri utenti a portare a termine i loro acquisti sui nostri e-commerce!

Tazze, brochure e scimmie

Prima di vedere quali possono essere le applicazioni concrete del fenomeno psicologico dell’avversione alla perdita nel tuo e-commerce, voglio spiegarti quali sono le basi scientifiche sulle quali quelle stesse tecniche sono state forgiate. Sì, si parla di psicologia, ma no, non è niente di estremamente difficile: nello specifico, a breve parleremo di tazze, di brochure e di scimmie.

Venditori, compratori e choosers: l’esperimento di Kahneman e Novemsky

Per capire come poter sfruttare effettivamente l’avversione alla perdita intrinseca nei consumatori è necessario capire qual’è il meccanismo che muove gli utenti verso determinate azioni in diversi contesti. In nostro soccorso arriva un esperimento realizzato da Kahneman e Novemsky, i quali hanno voluto testare gli effetti dell’avversione alla perdita in un contesto a basso rischio di perdita.

Per fare questo, i due studiosi hanno diviso i partecipanti allo studio in 3 gruppi: da una parte i venditori, dall’altra i compratori e in mezzo un terzo gruppo, composto da ‘choosers’, ovvero da individui dediti alla ‘scelta’.

Ad ogni venditore è stata assegnata una normale tazza con in allegato il compito di decidere un prezzo per la sua vendita: nessuno dei partecipanti in questo gruppo ha definito una cifra di vendita inferiore ai 7,12 dollari. I compratori, invece, hanno deciso che non avrebbero pagato in nessun caso più di 2,87 dollari per acquistare quella tazza.

Da dove nasce questa sostanziale differenza di prezzo?

Beh, è evidente che tra i compratori e i venditori c’è una grossa differenza di prospettiva, sia in termini di possesso che in termini di guadagno/perdita. I compratori vedono la tazza come un guadagno, ma per essere sicuri di non perdere i propri soldi hanno deciso di attribuirle un valore basso.

I venditori, da parte loro, possiedono la tazza, e vedono la sua vendita come una perdita: per questo motivo attribuiscono a questa un alto valore. Su questi presupposti, diventa evidentemente molto interessante scoprire cosa hanno deciso da parte loro i ‘choosers’, ai quali è stata data la possibilità di guadagnare una tazza o dei soldi.

Loro non sono dunque né come i venditori – non hanno ricevuto una tazza per scambiarla con del denaro, non hanno a che fare con una questione di possesso  – né come i compratori – non devono scambiare del denaro con la tazza.

No, loro possono scegliere. Ma prima ancora, devono affibbiare un prezzo alla tazza: lontani dagli oltre 7 dollari dei venditori, i choosers hanno valutato la tazza 3,12 dollari, un prezzo molto vicino a quello dei compratori. Sai perché? È semplice: i choosers non vedevano quell’oggetto come qualcosa già in loro possesso.

 

Di conseguenza, non hanno né sottovalutato né sopravvalutato la tazza, in quanto per loro non c’era nessun rischio: in ogni caso loro ci avrebbero guadagnato una tazza o dei soldi. Niente perdita, niente rischi, niente avversione.

Va poi sottolineato ulteriormente che la cifra sparata dai compratori è molto vicina a quella dei choosers (2.87 dollari contro ai 3.12) e che questo suggerisce che il fatto di scambiare dei soldi con un prodotto fisico aiuta già di per sé gli acquirenti a mettere a tacere almeno un po’ la propria avversione alla perdita.

Insomma, i compratori hanno stimato la tazza a 2,87 dollari proprio perché, secondo il loro pensiero, quella cifra consentiva un acquisto senza perdite di denaro.

Dunque, cosa abbiamo imparato da questo esperimento? Semplice: l’avversione alla perdita si fa più marcata con l’aumentare del rischio – pur parlando di un contesto che, concretamente, di rischi reali non ne prevede affatto. Ma qui stavamo parlando di qualche spicciolo e di una normale tazza.

Cosa succede quando la posta in gioco si alza realmente?

Le brochure sul cancro al seno di Meyerowitz and Chaiken

A testare una situazione ad alto rischio ci hanno pensato Meyerowitz and Chaiken nel 1987, i quali hanno sottoposto a due gruppi di donne delle differenti brochure relative all’autoesame del seno per rilevare un eventuale cancro.

Tale operazione ovviamente sottende rischi notevoli, in quanto, eseguendo l’esame si potrebbe effettivamente individuare qualcosa che assolutamente non si vorrebbe trovare. Da una parte, dunque, non fare questo esame è un grande rischio per la salute, mentre dall’altra il solo gesto di farlo è molto rischioso a livello psicologico.

Nelle brochure date al primo gruppo venivano evidenziati tutti i ‘guadagni’ nell’effettuare l’autoesame, mentre al secondo gruppo erano stati evidenziati tutti i rischi legati al non-fare l’esame. Come puoi immaginare, il secondo gruppo fu mediamente molto più propenso ad effettuare l’esame.

In questo caso l’avversione alla perdita non porta ad un blocco, anzi, porta all’azione.

Eppure, in entrambe le brochure, la malattia descritta era la medesima, e anche l’esame era lo stesso. A fare la differenza è stata solo ed unicamente l’avversione alla perdita, la quale ha guidato la decisione di uno dei due gruppi.

Da questo esempio capiamo dunque che, in taluni casi, presentare un prodotto o un servizio in termini di perdite – invece che di guadagni – può portare l’utente a muoversi nella direzione voluta. Ed è pazzesco, perché questo vuol dire che – in determinate situazioni – una manciata di parole diverse su una brochure potrebbe in molti casi evitare dei veri e propri drammi!

Eppure, lo ripeto, la malattia presentata era la stessa. Ti sei sempre illuso di prendere le tue decisioni in modo razionale? Ebbene, questo esempio dimostra  una volta per tutte che no, le tue scelte talvolta non hanno nulla a che fare con la razionalità.

Ma tranquillo, sei come tutti gli altri umani. Di più: a quanto pare l’intero ordine dei primati agisce seguendo i medesimi meccanismi di avversione alla perdita.

L’innata avversione alla perdita delle scimmie

Se ti dicessi che l’avversione alla perdita condiziona non solo le decisioni dell’intera umanità, ma anche quelle delle scimmie, cosa penseresti? No, ti assicuro che non ho lasciato il mio ufficio qui a Pronesis per seguire dei primati della giungla.

Per fortuna a studiare il comportamento dei primati ci ha pensato un gruppo di scienziati dell’Università di Yale, così come spiegato da Laurie Santos. Ma come è possibile studiare il comportamento decisionale delle scimmie?

Ebbene, gli scienziati hanno introdotto una sorta di mercato basato su dei gettoni in un gruppo di scimmie cappuccine. Non domandatemi quanto tempo ci sia voluto per arrivare a questo risultato, ma tant’è che le scimmie hanno capito che potevano avere del cibo in cambio dei loro gettoni. Nello specifico, ogni gettone corrispondeva ad un acino di uva.

Dopo essersi assicurati che le scimmie comprendessero appieno il meccanismo di questo scambio basilare, gli scienziati hanno iniziato a rendere il gioco più interessante, e anche più complicato. Ad un certo punto hanno infatti iniziato a offrire diverse opzioni di scambio ai primati.

In uno scenario, le scimmie si trovavano a decidere tra il ricevere certamente un acino più un acino bonus per ogni gettone, oppure scegliere un’opzione più rischiosa, optando per un acino più due bonus per ogni gettone, con la possibilità, in questo secondo caso, di veder sparire completamente il bonus.

Ebbene, di fronte a questa scelta, le scimmie hanno scelto sempre e comunque l’offerta più sicura: un acino più un bonus per ogni gettone, senza scommesse ad alto rischio.

In un altro scenario, invece, l’esperimento prevedeva che un ragazzo offrisse 2 acini e che un altro ne offrisse invece a volte 3 e a volte 1. Insomma, nel primo caso c’era una perdita – se così si può definire in base al punto di partenza – sicura ma minima, nell’altro caso una perdita possibile e rischiosa.

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Contrariamente a quanto succedeva sopra, le scimmie hanno preferito sempre e comunque la seconda opzione, puntando di volta in volta ai tre acini – rischiando così di ritrovarsi con un solo acino in mano. Questo modo di agire è del tutto irrazionale, ed è reso tale proprio dall’avversione alla perdita.

Proprio come gli umani, dunque, anche le scimmie tendenzialmente evitano la certezza della perdita e puntano verso una vittoria possibile e incerta. Anche qui, quindi, le perdita ha un impatto maggiore rispetto a quello generato dal guadagno.

E c’è di più, in quanto l’esperimento delle scimmie ci mostra anche l’importanza del contesto: le scimmie che nel secondo scenario puntavano ai tre acini per poi magari riceverne solamente uno lo facevano concentrandosi solo sull’immediato, non pensando affatto che, in base alla situazione di partenza (un gettone, un acino) anche l’opzione dei due acini costituiva un netto guadagno.

A cosa ci serve sapere questo? Semplice: come ti ho ricordato sopra, prendere decisioni partendo da zero è molto dispendioso in termini di energia.

Preferiamo seguire delle linee guida predefinite e partire da dei punti di riferimento precisi, per risparmiare energia e tempo. La scelta del punto di riferimento da cui tarre spunto, però, può essere sbagliata, portandoci così a delle decisioni altrettanto errate, come è successo per le scimmie.

Usare l’avversione alla perdita per aumentare le vendite nel tuo e-commerce

Eccoci qui: a questo punto dovresti aver capito bene come funziona nelle più diverse situazioni l’avversione alla perdita. Per sfruttare al meglio questo bias, da quanto abbiamo capito dai tre esempi qui presentati, la tua offerta deve essere presentata in termini di perdite, deve essere rischiosa e deve offrire un punto di riferimento favorevole.

E, se vogliamo anche rifarci a Robert Collier, che già negli anni Trenta aveva capito il potenziale ante-litteam dell’avversione alla perdita nel marketing, «quando vuoi ispirare paura [di perdere qualcosa], sii preciso! Sii Specifico!»

 

Ma questo bias è davvero così potente?

Se hai un minimo di dimestichezza con il neuromarketing e con la psicologia applicata al web, nella tua testa ci dovrebbe ormai essere la consapevolezza che esistono diverse vie per convincere un potenziale cliente a fare una determinata azione: puoi convincerlo a volere qualcosa esponendo tutti i benefici di quel determinato prodotto o servizio (puntando sui guadagni), o magari puoi dire che quell’offerta sarà valida per poco tempo (puntando sull’effetto countdown).

Puoi evidenziare quanto è trendy e di moda il tuo prodotto (effetto ultimo grido) oppure puoi fargli capire tutto quello che potrebbe perdere nel caso non procedesse all’acquisto (sfruttando l’avversione alla perdita). Ma quale di queste strade è la più conveniente?

Ebbene, a questo punto non ti dovrebbe assolutamente stupire il fatto che la motivazione più forte è proprio l’ultima. E non lo dico così, basandomi sulla mia opinione: la maggiore potenza dell’avversione alla perdita rispetto a quella degli altri bias è stata infatti provata da diversi studi, come quella condotto da Daugirdas Jankus, dalla ISM University of Management and Economics.

Per arrivare a questo risultato il ricercatore ha testato per una settimana le 4 diverse tecniche su un sito web con una media di 21mila sessioni settimanali, analizzando non solo le visualizzazioni di pagina, ma anche i numeri di pagina e le conversioni: in ogni caso, il bias dell’avversione alla perdita ha sortito risultati migliori rispetto all’effetto countdown, all’esposizione dei guadagni e all’effetto ultimo grido.

Come sfruttare il bias dell’avversione alla perdita nel tuo e-commerce

Occhei, abbiamo parlato di tazze, di brochure mediche e di scimmie che barattano gettoni con acini d’uva. Direi che è arrivato davvero il momento di guardare un po’ di esempi pratici per incrementare le conversioni del tuo e-commerce, non trovi?

Bene, allora prendi nota e preparati a mettere in pratica quanto ti suggerirò, magari con dei bei A/B test per verificare quale combinazione restituisce il migliore dei risultati nel caso del tuo specifico portale online.

Gli sconti

Impossibile non mettere gli sconti in cima alla nostra lista di tecniche per sfruttare l’avversione alla perdita sul tuo e-commerce. Ma… non ti avevo detto che non era una questione di prezzo? Sì, e te lo confermo! Non sono assolutamente qui per spiegarti quanto scontare i prodotti del tuo portale di vendita.

Quello che voglio sottolineare è che tutto dipende da come saprai presentare quegli sconti. Non limitarti a presentare al tuo utente il prezzo scontato, ma evidenzia con eleganza ed astuzia quanto può risparmiare comprando quel determinato prodotto sul tuo e-commerce.

Oltre al prezzo scontato, dunque, aggiungi il prezzo originale barrato, specifica il reale risparmio, e usa le parole giuste!

Se sul tuo e-commerce hai dunque deciso di vendere in promozione un tostapane da 150 euro a 100 euro, non limitarti a specificare lo sconto del 30%, ma fai presente anche che quello stesso prodotto altrove costerebbe molto di più, comunica all’utente che sta risparmiando ben 50 euro, e fa in modo di mettere ben in vista in quella scheda prodotto le parole ‘sconto’, ‘risparmi’ e via dicendo.

 

 

C’è una bella differenza tra il proporre un semplice sconto e rendere un’offerta davvero imperdibile!

I campioni gratuiti

Altro grande classico è costituito dai campioni e dalle prove gratuite.

Sai qual è la vera potenza di questo meccanismo? Semplice: con un campione gratuito puoi trasformare un semplice utente in un possessore, e come abbiamo visto sopra – nell’esempio delle tazze – il possesso è un fattore di alto valore, che incentiva fortemente acquisti futuri.

Non sono certo pochi i brand che lo hanno capito e che già da tempo sfruttano questa tecnica, sia offline che online, scegliendo magari di inviare dei campioni gratuiti per incentivare un primo acquisto o accompagnandoli a prodotti già effettivamente acquistati, per portare gli stessi utenti a tornare sull’e-commerce per effettuare nuovi affari.

Il meccanismo inviti&sconti

Un metodo rodato per accrescere le conversioni di un e-commerce è quello di offrire ai propri utenti degli sconti ogniqualvolta invitano un amico ad iscriversi al portale.

Non potranno perdere questa opportunità, e proprio per questo investiranno almeno un po’ del loro tempo nel ricercare nuovi utenti per il tuo negozio online! Dei colossi della rete – come Dropbox o AirBnB – sono cresciuti proprio grazie a questi specifici meccanismi win-win.

L’avversione alla perdita sommata all’effetto countdown

Sai come si può aumentare l’effetto dell’avversione alla perdita?

Oltre a presentare al cliente le perdite alle quali può andare incontro non effettuando l’acquisto, potresti fare di più, evidenziando un termine di scadenza dell’offerta: sapere che quest’ultima è valida solamente per 24 ore non potrà che aumentare le probabilità di conversione di tutti quegli utenti che solitamente si ripromettono di valutare l’acquisto più avanti – per poi tendenzialmente dimenticarsi del tutto del tuo e-commerce.

 

La scarsità dei prodotti

Quante volte sei andato sui siti di booking per prenotare delle camere di albergo scoprendo che nella struttura da te selezionata restavano solamente due stanze? O che magari un momento prima era stata prenotata proprio la penultima camera?

E quante volte ti è capitato di vedere, magari anche su e-commerce di brand internazionali, scritte minacciose circa la disponibilità dei prodotti in vendita?

Esagerazioni a parte, per sfruttare appieno l’avversione alla perdita, il fatto di specificare che nel tuo magazzino sono rimasti solo 3, 5 o 8 esemplari di un determinato prodotto può essere la spinta giusta per invogliare gli utenti ad effettuare l’acquisto, prima di rischiare di perdere per sempre quell’opportunità.

Lanci di prodotto via email per clienti fedeli

Il tuo e-commerce può contare su un buon numero di clienti già fidelizzati che hanno dato il loro consenso a ricevere delle email contenenti le più importanti novità relative al tuo negozio online? Insomma, puoi contattare delle persone che hanno già dato prova di apprezzare il tuo brand e che sembrano del tutto disposte a voler spendere altri soldi sul tuo e-commerce online per impossessarsi dei tuoi prodotti?

Bene: prima di lanciare un nuovo prodotto, avvisali con una email in cui anticipi – esclusivamente per loro – il lancio, mettendoli così di fronte ad una situazione da non perdere, magari spiegando loro in modo intrigante e appassionante la storia dei nuovi prodotti, fin dalla loro ideazione.

Non sapranno resistere!

L’avversione alla perdita sommata alla riprova sociale

Chi più chi meno, chi in modo implicito chi in modo esplicito, siamo influenzati dalla moda del momento. A tanti piace affermare il contrario, altri ancora sono sinceramente convinti di non essere minimamente toccati dai trend del momento, ma in fondo, anche se in piccola parte, la moda ci influenza tutti.

Per questo l’effetto della riprova sociale può scatenare – potenzialmente in tutti quanti – una sorta di paura di non essere in sintonia con gli altri, e quindi di dover rincorrere la moda.

Per questo, oltre a spiegare ai tuoi utenti che c’è poco tempo per acquistare i tuoi prodotti e che ce ne sono ancora pochi disponibili, potresti affermare che 300, 500, 1.000 altri utenti hanno già effettuato quell’acquisto.

E se centinaia di persone hanno già dato fiducia al tuo e-commerce, un motivo ci sarà di certo, non trovi?

Conclusione

Bene, adesso non ti resta che mettere in pratica quello che hai imparato oggi!

Apporta le modifiche sul tuo e-commerce, crea diverse combinazioni e monitora minuziosamente i risultati settimana dopo settimana.

E, in ogni caso, non smettere mai di effettuare nuovi test per apportare ulteriori migliorie: prova ad isolare graficamente i guadagni che derivano dall’acquisto dei tuoi prodotti e ad unire le possibili perdite derivanti da un non-acquisto, oppure prova a isolare i guadagni più piccoli insieme alle perdite più grandi.

E’ il contesto a fare la differenza, anche e soprattutto quanto si parla di avversione alla perdita.

Quindi sta a te ricreare l’ambiente di vendita perfetto, facendo in modo di risaltare nel migliore dei modi tutti gli elementi che possono spingere nella direzione giusta il cliente. Non vorrai mica perdere l’occasione di aumentare le tue vendite, vero?

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di Andrea Saletti tempo di lettura: 15 min